Per antonomàsia (dal verbo greco ἀντονομάζειν, antonomázein, “cambiare nome”) si intende una figura retorica cui corrispondono, come indicato da Pierre Fontanier, due funzioni principali[1]:
1) attribuisce al nome proprio di un determinato individuo un significato adattabile ed estendibile ad altri soggetti, a partire dalle qualità specifiche di quel primo soggetto.
Ad una persona aggressiva e distruttiva potremmo ad esempio dire:
«Sei un vero Attila!» |
con ciò intendendo che Attila è il distruttore per antonomasia.
2) riferisce ad un individuo un epiteto, che, sempre a partire dalle qualità del soggetto, diviene un nome per indicarlo:
«In vista nuove rivelazioni sul pianeta rosso» |
dove il “pianeta rosso” sta per Marte. Oppure:
«Ha incontrato il Maligno» |
dove “il Maligno” per antonomasia è il Diavolo.
Sempre Fontanier ha definito l’antonomasia la “sineddoche d’individuo”[2].
Modalità della sostituzione
La sostituzione del nome può avvenire nei seguenti modi[3]:
1) Un nome comune al posto di un nome proprio:
«Il Poeta [Dante] si rivolse a lui con le seguenti parole.» |
2) Un nome proprio per un nome comune:
«Tuo figlio è un Einstein.» |
Questo secondo tipo di antonomasia è detta anche “vossianica”, dal nome di Gerardo Giovanni Vossio (XVI-XVII secolo), che aveva attribuito all’antonomasia la stessa reversibilità della sineddoche (la parte per il tutto e il tutto per la parte).[3] Altri esempi di antonomasia vossianica sono:
- mecenate, riferito a persona dedita al mecenatismo, ossia il sostegno finanziario della cultura (dal cognomen di Gaio Cilnio Mecenate)
- perpetua, termina che indica l’assistente personale di un sacerdote (da Perpetua, domestica di Don Abbondio nei Promessi sposi di Alessandro Manzoni)
- anfitrione, padrone di casa e ospite generoso, dal nome del mitico re di Tirinto
In certi casi, all’antonomasia vossianica si accompagna uno slittamento di senso, come nei casi di megera, vulcano, cicerone.[3]
3) Un nome proprio per un altro nome proprio (“Ghino di Tacco” per Craxi)
4) Un nome comune per indicare un individuo ma anche la categoria cui questi appartiene e cui viene associato a partire dalla considerazione di una qualità ritenuta esemplare (un epicureo)
Antonomasia come perifrasi
Spesso l’antonomasia si presenta in forma di perifrasi (il flagello di Dio, la Mecca degli evasori)[3]. Tali forme possono essere metonimiche[4] (l’inquilino del Colle, con spostamento per la sostituzione del nome oltre il limite concettuale della nozione da indicare) o metaforiche (la pantera di Goro per Milva).[3]
Antonomasia e gergo
In generale le antonomasie possono essere considerate “attive” in specifico rapporto a determinati ambienti, culture, epoche e paesi. Ad esempio, fino al 1860–61, l’eroe dei due mondi (le Héros des Deux Mondes) non era Garibaldi ma La Fayette (1757–1834), che aveva anche lui combattuto in America, nella sua giovinezza. Ancora oggi, nella francofonia, le Héros des Deux Mondes può designare o l’uno o l’altro.
Alcune antonomasie sono valide solo in ambienti ristretti e rientrano quindi nell’ambito dei gerghi. Ad esempio, Gertrude (la “monaca di Monza“, un personaggio de I Promessi Sposi) era chiamata per antonomasia “la signora” all’interno del suo monastero.