Con il termine cavalleria si indicano le unità militari montate a cavallo.
Le unità a cavallo furono tatticamente molto importanti fino alla fine del XIX secolo per le loro caratteristiche di mobilità e velocità. In seguito l’avvento del treno e degli autoveicoli permise di trasportare i soldati in modo più efficiente, mentre nuove armi come la mitragliatrice trasformarono la carica di cavalleria in un’azione suicida.
L’epoca d’oro della cavalleria fu il Medioevo: il Cavaliere medievale, armato di lancia e rivestito da una pesante armatura, era il nerbo degli eserciti di quel periodo. I cavalieri costituivano inoltre la classe dominante della società e la Cavalleria medievale era un ideale di vita a cui gli uomini di quel tempo si ispiravano. Ancora oggi alcuni paesi (Italia compresa) usano il titolo di cavaliere come onorificenza.
Storia
Antichità, Grecia antica, Impero Romano
La combinazione di uomo, arco, freccia e cavallo è una delle armi più efficaci utilizzata fin dall’antichità. Tra i popoli che ne fecero uso vi sono gli Hyksos, gli Assiri e gli Scoloti; i più noti sono gli Unni, i Mongoli, i nativi nordamericani e le truppe a cavallo ottomane.
La cavalleria, composta di uomini d’arme in grado di combattere a cavallo, necessitava di uomini molto addestrati a questo tipo di combattimento e di animali da monta selezionati ed impiegati esclusivamente nel combattimento. Dapprima il guerriero a cavallo più capace infatti fu sempre il nomade, che portava con sé i propri averi, esercitava l’allevamento degli animali e predava i popoli sedentari. Nell’antica Grecia e nell’Impero persiano invece si preferiva l’uso del carro da guerra,
Nella Grecia antica i cavalieri erano detti hippikon: erano principalmente opliti in grado di cavalcare e quindi avere maggiore velocità. Con il passare degli anni si preferì eliminare parti della classica armatura oplitica (panoplia), troppo pesante, dando al hippikon maggiore libertà di movimento. Un caso a parte furono i cavalieri hetairoi del Regno di Macedonia, un corpo di cavalleria elitario con tattiche di combattimento basate sull’esperienza dei cavalieri nomadi Sciti e proprie armi precipue come la lunga lancia chiamata xiston. Nonostante le raccomandazioni dello storico e stratega Senofonte, raccolte nel saggio “Sull’equitazione”, il mondo greco vero e proprio non riuscì mai a produrre un’efficiente forza di cavalleria.I Romani fino alle guerre puniche utilizzarono quasi esclusivamente la fanteria.
Il primo comandante a sfruttare al massimo le potenzialità della cavalleria fu Annibale, che poteva contare sui cavalieri numidi, i più abili di quell’epoca: nella battaglia di Canne (216 a.C.), considerata uno dei capolavori della tattica militare di tutti i tempi, il cartaginese attirò la fanteria romana al centro del campo e la accerchiò con una manovra a tenaglia dei propri cavalieri, annientandola completamente. Annibale venne poi sconfitto nella battaglia di Zama (202 a.C.) da Scipione l’Africano, che aveva imparato la sua lezione tattica e soprattutto aveva stretto alleanza coi numidi portandoli dalla propria parte.
Il nerbo dell’esercito romano rimasero comunque le legioni di fanteria fino al III secolo; nel tardo impero invece, con la pressione dei barbari alle frontiere e la necessità di presidiare efficacemente un confine lungo migliaia di chilometri, la cavalleria acquistò sempre maggiore importanza grazie alla rapidità di spostamento che permetteva. A questo si deve aggiungere che, con la mutazione nella composizione dell’esercito romano, formato in misura sempre maggiore da barbari assimilati, la secolare tradizione di efficienza e organizzazione delle legioni si andò via via perdendo.
Medioevo
All’inizio del VIII secolo venne introdotto in Europa l’uso della staffa che, insieme alla resta che fermava la lancia contro l’armatura, rese possibile al cavaliere caricare il nemico al galoppo e colpirlo con tutta la propria forza, senza per questo essere sbalzato dalla sella.
L’utilizzo della cavalleria pesante, che sfruttava questa nuova tecnica per costituire una forza d’urto inarrestabile, fu promosso da Carlo Magno e dai suoi successori, che addirittura strutturarono tutta la società franca in modo da permettere il reclutamento e il mantenimento di una efficace forza di cavalleria.
Infatti, per il costo delle bestie e degli assistenti (scudieri), degli equipaggiamenti e per la necessità di avere tempo libero per addestrarsi, il cavaliere poteva essere soltanto un appartenente alle classi dominanti. La struttura feudale della società corrispondeva direttamente alla gerarchia militare, di modo che i cavalieri potevano rispondere molto rapidamente alla chiamata alle armi trovandosi a formare un esercito già inquadrato; le terre e le proprietà concesse in feudo fornivano le rendite necessarie al mantenimento del cavaliere e del suo equipaggiamento.
Di contro nel periodo medioevale le fanterie erano spesso neglette e composte da fanti per lo più di estrazione rustica o servile, male armati e poco addestrati.
Soltanto dal XIII secolo in avanti si affermarono reparti di fanteria più addestrati e bene armati come gli svizzeri, i lanzichenecchi o i tercios spagnoli, capaci di tattiche idonee ad ostacolare i cavalieri. L’arma più efficace per combattere contro la cavalleria erano le picche, lunghe lance con le quali i cavalieri venivano disarcionati oppure uccisi i cavalli. Ciò diede origine alle prime armature per i cavalli. In Inghilterra invece si puntò soprattutto sugli arcieri, che colpivano i cavalieri prima che venissero a contatto, come nelle battaglie di Crécy e Azincourt, restando protetti dietro palizzate appuntite appositamente predisposte sul terreno.
Età moderna e contemporanea
Con l’avvento delle armi da fuoco l’efficacia della cavalleria pesante, già indebolita, declinò definitivamente: l’episodio che ne segnò il tracollo fu la battaglia di Pavia (1525) in cui i cavalieri francesi, lanciati alla carica, furono facilmente massacrati dagli archibugieri spagnoli. Lo stesso re Francesco I di Francia fu appiedato e si salvò a stento, venendo preso prigioniero e pronunciando la celebre frase: “Tutto è perduto fuorché l’onore!”.
A poco a poco, nei fatti, il cavaliere iniziò a trasformarsi in fante a cavallo. Le armature, inutili di fronte ai proiettili, furono abbandonate; le lance furono sostituite da armi più efficaci (Giovanni dalle Bande Nere fu tra i primi a costituire un corpo di archibugieri a cavallo). La cavalleria, pur ridotta a un ruolo subordinato rispetto alla fanteria, sopravvisse comunque fino a tutto il XIX secolo, spesso col compito di aggirare e colpire ai fianchi o di lato con veloci movimenti a tenaglia la fanteria nemica; a Waterloo ad esempio vi fu la carica della Cavalleria napoleonica del maresciallo Ney, che per breve tempo sembrò far volgere le sorti della battaglia a favore dei francesi.
Quando le armi da fuoco divennero a retrocarica, i fanti acquisirono la capacità di colpire più lontano e di ripetere le azioni di fuoco più velocemente, frustrando sempre di più i tentativi di attacco della cavalleria “alla carica”. Durante la guerra di Crimea, ad esempio, avvennero due episodi nei pressi di Balaclava che mostrarono i limiti ormai raggiunti dalle cariche di cavalleria: la tenuta della propria posizione da parte dei fanti del 93° Highlander attaccati dalla cavalleria cosacca e la decimazione dei cavalleggeri inglesi quando la Brigata di Cavalleria Leggera attaccò le postazioni russe difese da fanti ed artiglieria (episodio passato alla storia come la Carica dei Seicento).
La cavalleria aveva ormai perso la connotazione di “forza di sfondamento” per assumere maggiore importanza nelle “missioni di ricognizione”, nelle azioni di “copertura”, di “avvolgimento”, di “sfruttamento” e negli “attacchi di alleggerimento”, come messo spesso in pratica durante la guerra di secessione americana. La cavalleria, inoltre, assunse anche un importante ruolo nelle operazioni di controllo coloniale, come nel caso delle unità di cavalleria inglese in India o nel caso delle unità americane durante la cosiddetta “Guerra Indiana” che durò fino al 1890.
Nel XX secolo il tracollo definitivo: il ruolo della cavalleria nella Prima guerra mondiale fu pressoché nullo. L’avvento delle truppe motorizzate e dei carri armati cancellò anche le residue possibilità di impiego che essa poteva ancora avere. Nella Seconda guerra mondiale vi furono gli ultimi episodi: nel 1939 la cavalleria polacca effettuò 16 cariche durante la guerra, nessuna delle quali, tuttavia, contro i carri armati tedeschi, una leggenda diffusa ad arte dalla propaganda tedesca e sovietica, mentre nel 1941 il reggimento Savoia Cavalleria partecipò alla spedizione italiana in Russia, dove riuscì, sfruttando il fattore sorpresa, a caricare con successo il nemico in uno scontro nella zona del fiume Don (vedi carica di Isbusenzkij). Secondo alcuni storici, questa fu in assoluto l’ultima azione di una cavalleria regolare nella storia militare. I pochi reparti di cavalleria rimasti sono stati quindi riconvertiti, adottando i nuovi mezzi che la tecnologia ha reso disponibili: la cavalleria moderna, mantenendo le missioni che tipicamente le erano affidate nella seconda metà del XIX secolo, si è organizzata in unità veloci dotate di ampia autonomia basate principalmente su mezzi corazzati ruotati o cingolati oppure su elicotteri da ricognizione o attacco. Bisogna peraltro avvertire che la consapevolezza della definitiva obsolescenza tattica della cavalleria non fu acquisita da un giorno per l’altro, se è vero, ad esempio, che gli Stati Uniti d’America, ancora nel 1921, ritennero opportuno istituire la Prima Divisione di Cavalleria.
Il cavallo può essere tuttora impiegato tatticamente in circostanze ambientali peculiari: le forze speciali USA, cooperando con l’Alleanza del Nord afgana, svolsero alcune missioni di ricognizione speciale a cavallo ancora nel 2001.
Cavalleria leggera con arco
Armamento
La cavalleria leggera utilizzava cavalli piccoli, veloci e agili; i cavalieri portavano un’armatura molto leggera oppure ne erano privi. Gli archi erano corti con gittata lunga, non avevano però la stessa potenza degli archi lunghi o delle balestre.
Tattica
Il vantaggio degli archi risiedeva nella possibilità di colpire a distanza. Gli avversari sprovvisti di cavalli e quindi più lenti spesso non avevano scampo. In questo modo i Parti sconfissero le legioni di Crasso nella battaglia di Carre (53 a.C.). I cavalieri Parti erano celebri per la loro abilità nel riuscire a colpire il bersaglio anche mentre venivano inseguiti dalla cavalleria nemica, scoccando le frecce all’indietro con una grande torsione del busto.
Il punto debole degli arcieri a cavallo era la necessità di ampi spazi e l’attrezzatura scarna. In spazi ristretti, se costretti al combattimento ravvicinato soccombevano facilmente. Inoltre erano vulnerabili agli arcieri appiedati nemici.
Cavalleria pesante con lance [modifica] Per approfondire, vedi la voce Cavalleria pesante.
I primi cavalieri con lancia erano i Cataphracti e Clibanarii dei Sarmati, Parti, Sasanidi e più tardi Romani e Bizantini. Nel Medioevo il paese che puntò molto su quest’arma fu la Francia.