Il Mare Mediterraneo (grafia alternativa: “Mar Mediterraneo”; abbreviazione diffusa nel linguaggio comune: “Mediterraneo”) è un mare intercontinentale situato tra Europa, Africa e Asia. La sua superficie approssimativa è di 2,51 milioni di km² ed ha uno sviluppo massimo lungo i paralleli di circa 3700 km.
Il Mediterraneo è collegato ad ovest all’oceano Atlantico, attraverso lo stretto di Gibilterra. Ad est attraverso il mar di Marmara, tramite i Dardanelli e il Bosforo, è collegato al mar Nero. Il mar di Marmara è spesso considerato parte del Mediterraneo, mentre il mar Nero viene generalmente considerato un mare distinto. Il canale di Suez a sud-est collega il Mediterraneo al mar Rosso.
Le maree sono molto limitate anche a causa dello scarso collegamento con l’oceano, che limita la massa d’acqua complessiva investita dal fenomeno.
Le Temperature del Mediterraneo hanno estremi compresi fra i 10 °C e i 32 °C. In genere si oscilla fra i 12 °C – 18 °C nei mesi invernali fino ai 23 °C – 30 °C nei mesi estivi, a seconda delle zone.
All’azione del mar Mediterraneo come serbatoio termico è in buona parte dovuto il clima mediterraneo, generalmente caratterizzato da inverni umidi ed estati calde e secche. Coltivazioni caratteristiche della regione sono: olivo, vite, agrumi, e quercia da sughero.
La regione del Mediterraneo è considerata culla di alcune tra le più antiche civiltà.
Il nome
Il termine Mediterraneo deriva dalla parola latina Mediterraneus, che significa in mezzo alle terre. Il mar Mediterraneo attraverso la storia dell’umanità è stato conosciuto con diversi nomi. Gli antichi Romani lo chiamavano, ad esempio, “Mare Nostrum”, ossia il nostro mare (e in effetti la conquista romana toccò tutte le regioni affacciate sul Mediterraneo).
L’arabo al-Baḥr al-Abyad al-Mutawassit, البحر الأبيض المتوسط, “Mar Bianco di Mezzo”, ha evidentemente ispirato la dizione turca di Akdeniz, “Mare Bianco”. Nelle altre lingue del mondo, solitamente si ha vuoi un prestito dal latino o da lingue neolatine (es. inglese Mediterranean Sea), vuoi, più spesso, un calco dal senso di “mare medio, in mezzo (alle terre)” (es. tedesco Mittelmeer, ebraico Hayam Hatikhon (הַיָּם הַתִּיכוֹן), “il mare di mezzo”, berbero ilel Agrakal, “mare tra-terre”, giapponese Chichūkai (地中海), “mare in mezzo alle terre”, albanese deti mesdhe, Il mare in mezzo alle terre).
Morfologia
Per quanto riguarda la topografia del fondale il Mediterraneo è diviso in due bacini principali che si possono considerare semichiusi. Il primo è quello del Mediterraneo occidentale, delimitato dal canale di Sicilia e caratterizzato da ampie piane abissali, il secondo, il Mediterraneo orientale, è molto più accidentato e dominato dal sistema della dorsale Mediterranea.
Il bacino occidentale
Il bacino occidentale comprende il Mare di Alborán, il bacino algero-Provenzale o balearico e il bacino Tirrenico.
Mare di Alborán
È la parte più occidentale del mar mediterraneo, delimitato a occidente dallo stretto di Gibilterra e ad oriente dalla linea che congiunge Cabo de Gata in Spagna con Capo Fegalo in Algeria. Occupa una superficie di circa 54.000 km² e la profondità massima è di 1500 m nella parte occidentale e 1200 m in quella orientale. La piattaforma continentale si estende per una larghezza compresa fra i 2 e 10 km lungo la costa spagnola e per un massimo di 18 km lungo la costa nordafricana. Al centro del mare di Alborán si trova l’isola omonima.
Bacino algero-provenzale
Comprende un’area più o meno triangolare che comprende il Golfo di Valencia, il mar Ligure e il mare di Alborán. Ha una superficie di circa 240.000 km² e una profondità massima di circa 2800 m. In alcuni tratti costieri, tipicamente alle foci dell’Ebro e del Rodano la piattaforma continentale raggiunge anche i 60 km di larghezza, con un massimo di 72 km presso il Golfo del Leone. La larghezza minima si ha invece tra Genova e Tolone, dove il fondale è caratterizzato da ampi e profondi canyon. Le isole di Maiorca e Minorca hanno una piattaforma comune mentre Ibiza è separata da un braccio di mare profondo 800 m. Al centro del bacino si trova la piana abissale delle Baleari, profonda dai 2600 a i 2800 metri.
Bacino tirrenico
Il bacino tirrenico è la parte più profonda del Mediterraneo Occidentale, raggiunge infatti i 3800 m di profondità (Fossa del Tirreno). Il fondale è caratterizzato dalla presenza di numerose dorsali e di rilievi di tipo vulcanico. Vi sono montagne sottomarine che in alcuni casi si elevano fino a -500 m come il Monte Marsili e il Monte Vavilov. Poche e di modeste dimensioni sono le piane abissali fra le quali si trovano la piana di Corsica, la piana di Orosei, la piana di Olbia, la piana abissale tirrenica e il rialzo pliniano. Il bacino è praticamente chiuso, è messo in comunicazione con i bacini adiacenti da pochi stretti passaggi. A nord un canale profondo circa 3/400 m lo mette in comunicazione con il mar Ligure, lo stretto di Bonifacio, profondo non oltre i 50 m, lo mette in comunicazione con il bacino algerino così come il profondo canale, caratterizzato dalla presenza della fossa algero-tirrenica, mette in comunicazione i due bacini a sud della Sardegna. Il canale di Sicilia, dal fondale basso e caratterizzato dalla presenza di banchi che possono ridurre la profondità a poche decine di metri lo mette in comunicazione con il Mediterraneo Orientale.
Il bacino orientale
Fanno parte del Mediterraneo orientale il mare Adriatico, il mar Ionio, il mar Egeo e il mar di Levante
Mar Adriatico
Il Mare Adriatico ha una superficie di circa 135.000 km² e una profondità massima di 1230 m. Da un punto di vista morfologico può essere diviso in tre aree: la parte settentrionale completamente dominata dal delta del Po è un lento declivio nel quale la profondità non supera i 75 m, la parte centrale, tra Ancona e il Gargano è caratterizzata dalla presenza di una depressione detta “fossa del medio Adriatico” (266 m) mentre la zona meridionale ha una piattaforma continentale che si restringe in corrispondenza della Puglia fino a circa 20 km, fra la Puglia e l’Albania si trova la piana adriatica con una profondità media di circa 1000 m e la massima di 1200 m. Da qui la profondità risale a circa 800 m in corrispondenza del canale d’Otranto che separa l’Adriatico dallo Ionio.
Mar Ionio
Il mar Ionio si estende su una superficie di circa 616.000 km² dalle coste della Libia e della Tunisia fino all’Albania, Grecia e all’Italia meridionale. Raggiunge la massima profondità (5.093 m) nella Fossa ellenica. Nello Ionio si trova la piana abissale più estesa del Mediterraneo.
Mar Egeo
Ha una superficie di circa 80.000 km² e oltre 200 isole. Lo collega allo Ionio il Golfo di Corinto (56 m) e numerosi canali profondi fra i 300 m e gli 800 m fra le isole di Rodi e Creta. Raggiunge la massima profondità (2.500 m) in corrispondenza della fossa di Creta che si estende dal Golfo di Argolide a Rodi.
Mar di Levante
Il mar di Levante è la parte più orientale del Mediterraneo, ha una superficie di circa 320.000 km² ed è delimitato a ovest dalla linea che congiunge Capo Ra’s al-Hilal, in Libia con l’isola di Gavdos presso Creta. La piattaforma continentale è molto estesa sia presso il delta del Nilo sia nel golfo di Iskenderun. La massima profondità è di 4384 m in corrispondenza della fossa di Plinio.
Geologia
Il Bacino del Mar Mediterraneo è composto da un complesso sistema di strutture generate dall’interazione tra la Placca Europea e la Placca Africana. Generalmente parlando, secondo la teoria della Tettonica delle placche queste due placche si sono avvicinate, in modo rotatorio, durante gli ultimi 300 Milioni di anni. Durante questo avvicinamento le zone intermedie tra le due placche si sono deformate, scivolando e ruotando tra di loro, sovraponendosi tra di loro, e lasciando spazio per l’apertura di nuovi bacini tra di loro. La recente costituzione della zona Mediterranea è il risultato di questa complessa storia geodinamica e mostra una serie di microplacche deformate, zone mobili tra queste microplacche (le catene montuose) e vecchie e nuove croste oceaniche (i bacini). Non esiste tuttora una singola teoria complessiva per descrivere la storia di questo sistema, e numerosi modelli sono stati proposti.
Generalmente, il sistema del Mediterraneo viene suddivisa in tre aree principali: il sistema del Mediterraneo occidentale, del Mediterraneo Centrale, e del Mediterraneo orientale.
Il sistema de Mediterraneo occidentale è composto dalla microplacca iberica, la catena dei Pirenei, la catena dell’Atlante (Marocco, Algéria, e Tunesia occidentale), le isole Baleari, e il Bacino Mediterraneo Occidentale.
Il sistema del Mediterraneo centrale è composto dalla catena delle Alpi, la catena degli Appennini, l’Arco calabro peloritano, il Bacino tirrenico, il Bacino adriatico, il Bacino ionico, e le zone mobile di deformazione della Tunésia orientale e la Libia occidentale.
Il sistema del Mediterraneo orientale è composto dalla catena dinarica, dal sistema dell’Arco ellenico (con l’isola di Creta), il Mar Egeo, il Bacino del Mediterraneo orientale, la placca anatolica, la catena di Cipro, e le zone mobile del Mediterraneo occidentale (Libano, Israele, Egitto) e le catene nordafricane libiche.
Caratteristiche fisiche
Il mar Mediterraneo è un bacino semichiuso con una forte evaporazione e un ridotto apporto di acque dolci fluviali, apporto influenzato da attività umane (dighe e sbarramenti).
Nei mesi estivi l’evaporazione è relativamente ridotta a causa dei venti non eccessivamente frequenti e dell’elevata umidità, al contrario nei mesi invernali l’evaporazione è molto elevata a causa dell’aria fredda e della prevalenza di venti secchi di origine continentale (Bora, Maestrale, Vardarac, Scirocco e Meltemi).
Evaporazione e ridotto apporto di acque fluviali fanno sì che il Mediterraneo sia in costante deficit idrico. Questo viene compensato dall’oceano Atlantico che annualmente riversa nel Mediterraneo, attraverso lo Stretto di Gibilterra, tra i 36.000 e i 38.000 km³ d’acqua. Questo apporto di grandi quantità d’acqua, provoca forti correnti durante tutto l’anno, favorendo la pulizia dei bassi fondali dello Stretto che, diversamente, nel corso dei millenni si sarebbe inevitabilmente chiuso.
Le correnti superficiali
Le correnti superficiali mediterranee originano tutte dall’afflusso di acqua atlantica e seguono in prevalenza degli andamenti di tipo ciclonico, cioè antiorario. L’acqua atlantica, più fredda ma meno salata (motivo per cui rimane in superficie) entra nel Mediterraneo dopo aver lambito le coste del Marocco.
Una volta varcato lo stretto di Gibilterra viene spinta a sud dalla forza di Coriolis e segue prevalentemente la costa nordafricana dando origine alla corrente algerina, una parte della massa d’acqua, scontrandosi con la corrente anticiclonica del mare di Alborán, si biforca verso nord in direzione delle isole Baleari.
La corrente algerina, nel prosieguo del suo corso, si biforca nuovamente: una parte prosegue verso il canale di Sicilia, un’altra invece risale verso la Corsica e unendosi alla parte che fin dall’inizio si era diretta verso le Baleari dà origine alla corrente ligure provenzale catalana che scorre verso ovest lambendo le coste liguri, francesi e catalane e attraversando il Golfo del Leone.
I bassi fondali del canale di Sicilia fanno sì che la corrente algerina si biforchi nuovamente, una parte risale infatti verso il Tirreno dando origine ad una corrente ciclonica che in parte lambisce le coste liguri e si riunisce con la corrente ligure-provenzale catalana.
La parte di corrente algerina che riesce a valicare il canale di Sicilia attraversa dapprima un’area prospiciente le coste della Tunisia e della Libia caratterizzata da correnti anticicloniche (il Golfo della Sirte) e poi forma la corrente africana che scorre lungo il mare di Levante dando origine alla corrente dell’Asia Minore che lambisce la costa Turca fino a Rodi.
Nell’Adriatico, nello Ionio e nell’Egeo vi sono altre correnti minori di tipo ciclonico.
Oltre alle citate correnti costiere vi è la corrente centro-mediterranea che scorre sopra la dorsale mediterranea in direzione Creta e Cipro.
La corrente intermedia
Lo strato d’acqua compreso fra i 200 e i 600 metri è interessato da un movimento in senso opposto a quello delle correnti di superficie. Origina infatti dal mar di Levante, il tratto di Mediterraneo con i più elevati valori di salinità, (si raggiunge qui il 39,1 per mille di salinità). D’inverno, con il calo della temperatura si ha un aumento della densità dello strato superficiale che “comprime” lo strato d’acqua inferiore dando origine alla corrente intermedia.
Questa corrente è divisa in un ramo principale che percorre l’intero Mediterraneo e due rami secondari che attraversano l’uno il Golfo della Sirte e l’altro, più cospicuo, lo Ionio fino a entrare nell’Adriatico dove incontra le fredde acque invernali per poi uscire nuovamente dallo stretto di Otranto.
Il ramo principale si dirige invece verso il canale di Sicilia dove, a causa dei fondali bassi e della portata della corrente di superficie, deve dividersi in due stretti passaggi laterali situati a quote diverse. L’acqua proveniente dal più settentrionale si dirige verso il Tirreno dove fa un lungo giro antiorario e in gran parte esce per ricongiungersi col ramo secondario e risalire verso la Sardegna per poi seguire la costa francese e spagnola e uscire dallo Stretto di Gibilterra.
Dalle analisi degli oceanografi pare che una goccia d’acqua entrata dallo stretto di Gibilterra impieghi circa 150 anni per compiere tutto il “giro” e ritornare, profondamente modificata nella composizione, all’oceano Atlantico..
La circolazione profonda
Le correnti di profondità interessano due aree del Mediterraneo, il bacino ligure provenzale e lo Ionio. In entrambi i casi le correnti originano nella stagione invernale in seguito ad un rapido raffreddamento delle acque provocato dal vento.
Nel primo caso il maestrale raffredda rapidamente le acque al centro del Golfo del Leone. In seguito all’aumento di densità l’acqua si dirige verso il fondo, sino ai 2000 metri di profondità, contribuendo al lento ricambio delle acque profonde.
Nel bacino orientale è la Bora che abbassando la temperatura delle acque nel Mare Adriatico origina una corrente diretta verso sud che si inabissa oltre il canale di Otranto e contribuisce al ricambio delle acque profonde dello Ionio..
Isole principali
Le isole maggiori sono:
Sicilia , 25.460 km²
Sardegna , 23.813 km²
Cipro , 9.251 km²
[[Corsica] , 8.681 km²
Creta , 8.261 km²
Eubea , 3.655 km²
Maiorca , 3.640 km²
Lesbo , 1.630 km²
Rodi , 1.398 km²
Minorca , 964 km²
Chio , 904 km²
Cefalonia , 904 km²
Corfù , 592 km²
Ibiza , 577 km²
Gerba , 523 km²
Lemno , 476 km²
Samo , 476 km²
Nasso , 428 km²
Zante , 406 km²
Cherso , 406 km²
Veglia , 405 km²
Brazza , 395 km²
Andro , 380 km²
Taso , 378 km²
Malta , 316 km²
Leucade , 303 km²
Scarpanto , 301 km²
Stati affacciati sul Mediterraneo
Gli stati che vi si affacciano sono:Costa settentrionale
Gibilterra (Regno Unito)
Spagna
Francia
Principato di Monaco
Italia
Malta
Slovenia
Croazia
Bosnia-Erzegovina
Montenegro
Albania
Grecia
Cipro Costa est
Turchia
Siria
Libano
Israele
Territori Autonomi Palestinesi (Territorio conteso) Costa meridionale
Egitto
Libia
Tunisia
Algeria
Marocco.
Mari interni
Il mar Mediterraneo contiene al suo interno i seguenti mari:
Mar Adriatico
Mar Ionio
Mar Ligure
Mar Tirreno
Mar Egeo
Golfo della Sirte o Mar Libico
Golfo del Leone
Mar di Marmara
Mar di Sardegna
Canale di Sardegna
Mar di Corsica
Canale di Sicilia
Mar delle Baleari
Mar di Alboràn
Canale d’Otranto
Mare di Levante.
Ecosistema
Nonostante il mar Mediterraneo sia un mare oligotrofico, quindi piuttosto povero di nutrienti, in esso è presente una grande biodiversità e circa il 28% delle specie presenti sono endemiche di questo mare. Tutto ciò è dovuto principalmente alla presenza di habitat diversificati che favoriscono l’insorgenza di nicchie ecologiche ed alle condizioni idrologiche e climatiche proprie di questo bacino. Una eccezione alla condizione oligotrofica si riscontra nei pressi delle foci dei numerosi grandi fiumi che vi affluiscono, dal Nilo al Rodano, dall’Ebro al Po. I loro delta formano veri e propri ecosistemi diversi sulle coste del Mare nostrum.
Perès e Picard nel 1964 hanno messo a punto un sistema di classificazione dei vari tipi di ecosistemi presenti nel Mediterraneo che ancora oggi è utilizzato dalla maggior parte degli studiosi di questo mare. Questo sistema di classificazione si basa sia su fattori abiotici, come profondità, temperatura, tipi di substrati etc…, sia sulle interazioni interspecifiche tra gli organismi.
Rispetto agli organismi che vivono negli oceani, quelli che vivono nel Mediterraneo raggiungono dimensioni minori e possiedono un ciclo vitale piuttosto breve
Produttori primari
Posidonia oceanica
Nell’ecosistema costiero del mar Mediterraneo un ruolo fondamentale è svolto dalla Posidonia oceanica.
Grazie al suo sviluppo fogliare produce un’alta quantità di ossigeno, fino a 20 litri al giorno per ogni m² di prateria. Contribuisce inoltre al consolidamento dei fondali e delle spiagge, proteggendole dalla erosione. Ma soprattutto le praterie marine di questa fanerogama sono l’ambiente ideale per la crescita di pesci, crostacei e altre forme di vita, costituendo una vera e propria nursery delle specie ittiche.
Attualmente la Posidonia è in forte regressione in tutto il bacino mediterraneo, a causa dell’inquinamento chimico, ma anche delle opere di protezione costiera e dell'”aratura” dei fondali provocata dalle ancore delle barche e dalla pesca a strascico abusiva, sotto costa.
Filtratori
Si tratta di organismi microfagi, che si nutrono cioè di minuscole particelle di cibo sospese in acqua, che hanno un ruolo importante per il mantenimento dell’equilibrio dell’ecosistema.
Tra essi vanno ricordati:
i Copepodi, piccoli crostacei, raramente più lunghi di 1-2 mm, che si nutrono dei prodotti della fotosintesi oceanica e a loro volta costituiscono nutrimento per molti pesci.
le Spugne (il Mediterraneo ne ospita oltre 500 specie), ed in particolare quelle appartenenti alla famiglia delle Spongiidae, che costituiscono una tipica risorsa del Mediterraneo, oggetto di intenso sfruttamento commerciale
i Coralli ed in particolare il corallo rosso (Corallium rubrum), le cui colonie sono in preoccupante declino a causa della massiccia raccolta per la produzione di gioielli e monili, la gorgonia rossa (Paramuricea clavata), la gorgonia gialla (Eunicella cavolinii), l’Astroides calycularis e la Dendrophyllia ramea.
le Ascidie (numerose specie tra cui Ascidia spp., Ciona intestinalis, Phallusia mammillata, Halocynthia papillosa).
Specie a rischio
la Tartaruga marina comune (Caretta caretta) il danneggiamento dei siti di nidificazione minaccia seriamente la sopravvivenza di questa specie;
la Foca monaca (Monachus monachus) è ridotta a 150-250 esemplari tutti concentrati nei mari Ionio ed Egeo e lungo le coste del Nordafrica;
la Tartaruga verde (Chelonia mydas) è praticamente quasi estinta e si ritrova ormai solo verso le coste di Cipro.
la Tartaruga liuto (Dermochelys coriacea) in base ai criteri della Lista rossa IUCN è considerata in pericolo critico di estinzione.
Altre specie a rischio (anche se non allarmanti come le tartarughe e la foca) sono il delfino comune (Delphinus delphis), il tursiope (Tursiops truncatus), il grampo (Grampus griseus), la balenottera (Balaenoptera physalus), il capodoglio (Physeter macrocephalus), il tonno rosso (Thunnus thynnus) ed il pesce spada (Xiphias gladius).
Meridionalizzazione e tropicalizzazione
Per tropicalizzazione si intende il processo di insediamento in Mediterraneo di specie provenienti da aree tropicali o sub-tropicali, mentre, per meridionalizzazione si intende lo spostamento verso nord dell’areale di specie tipiche delle coste sud di questo mare. In alcuni casi si tratta di specie (migrazione lessepsiana) passate attraverso il Canale di Suez, provenienti dal mar Rosso, ovvero di specie provenienti dalle coste africane dell’Oceano Atlantico, giunte attraverso lo stretto di Gibilterra. Un altro canale d’ingresso è rappresentato dallo scarico incontrollato delle acque di zavorra delle navi cisterna. Un contributo allo sviluppo del fenomeno è dato inoltre dai mutamenti climatici in corso, con il conseguente innalzamento della temperatura delle acque.
Alcune di queste specie si sono ambientate e riprodotte benissimo, al punto di arrivare a soppiantare le specie autoctone e di essere comunemente pescate e commercializzate. Fra di esse ricordiamo: il pesce palla (Sphoeroides cutaneus), la ricciola fasciata (Seriola fasciata), il pesce scorpione (Pteroides miles), la triglia del mar Rosso (Upeneus moluccensis) e il barracuda mediterraneo (Sphyraena viridensis).
Sempre in conseguenza dell’aumento della temperatura delle acque si assiste ad un significativo cambiamento di distribuzione della fauna ittica autoctona, che porta molte specie tipiche delle aree più calde del Mediterraneo ad espandersi verso nord. È il caso del pesce balestra (Balistes carolinensis) o del pesce pappagallo (Sparisoma cretense).
Il fenomeno dell’importazione di specie alloctone non riguarda solo i pesci, ma anche le alghe: alghe delle coste giapponesi (Laminaria japonica, Undaria pinnatifida e Sargassum muticum) sono state segnalate già dalla fine degli anni sessanta, mentre più recentemente è stata segnalata la presenza di un’alga tropicale, la Caulerpa taxifolia che attualmente minaccia soprattutto un ampio tratto della costa francese tra Tolone e Mentone, moltiplicandosi ad una velocità impressionante, ostacolando i cicli vitali degli altri organismi con alterazione degli equilibri ecologici.
Le stragi dei migranti nel Mediterraneo
Dalla fine degli anni ottanta il Mediterraneo è attraversato dalle rotte dell’immigrazione dall’Africa verso l’Europa. Ogni anno alcune decine di migliaia di migranti economici, profughi e rifugiati politici raggiungono via mare le coste italiane, greche e spagnole. Secondo una ricerca condotta dall’osservatorio Fortress Europe sulla base di notizie rinvenute nella stampa internazionale, dal 1988 al 2007 i migranti annegati attraversando il Mediterraneo sono almeno 8.165 persone. Metà delle salme (4.256) non sono mai state recuperate. Nel Canale di Sicilia tra la Libia, l’Egitto, la Tunisia, Malta e l’Italia le vittime sono 2.487, tra cui 1.529 dispersi. Altre 70 persone sono morte navigando dall’Algeria verso la Sardegna. Lungo le rotte che vanno dal Marocco, dall’Algeria, dal Sahara occidentale, dalla Mauritania e dal Senegal alla Spagna, puntando verso le isole Canarie o attraversando lo stretto di Gibilterra, sono morte almeno 4.030 persone di cui 1.980 risultano disperse. Nell’Egeo invece, tra la Turchia e la Grecia, hanno perso la vita 885 migranti, tra i quali si contano 461 dispersi. Infine, nel Mare Adriatico, tra l’Albania, il Montenegro e l’Italia, negli anni passati sono morte 553 persone, delle quali 250 sono disperse. Il mare non si attraversa soltanto su imbarcazioni di fortuna, ma anche su traghetti e mercantili, dove spesso viaggiano molti migranti, nascosti nella stiva o in qualche container. Ma anche qui le condizioni di sicurezza restano bassissime: 141 le morti accertate per soffocamento o annegamento.
Innalzamento della temperatura
Alcuni studi stimano un innalzamento medio delle temperature del bacino del mediterraneo di 6 gradi tra il 2070 e il 2100. Questa variazione climatica secondo i modelli climatici produrrà siccità e estati torride con notevoli riduzioni delle precipitazioni in inverno.
Curiosità
Contribuisci a migliorarla integrando se possibile le informazioni nel corpo della voce e rimuovendo quelle inappropriate.
Vista l’importanza e gli scambi culturali, turistici e commerciali esistenti tra i Paesi che si affacciano sul mar Mediterraneo (comprese anche le tematiche legate al fenomeno dello sfruttamento dell’immigrazione clandestina), la Regione Puglia ha istituito nel 2005 l’Assessorato al Mediterraneo all’interno della propria struttura di governo.
Il mare Karagol di Golden Sun è ispirato al Mediterraneo.