La mammella è un organo ghiandolare pari che nelle femmine di mammifero secerne il latte. Si tratta di una struttura caratterizzante la classe dei mammiferi, in particolare gli euteri.
Nel genere umano l’organo femminile, oltre che strumento di nutrizione, è anche una caratteristica sessuale secondaria e può essere visto anche nella sua valenza simbolica. In italiano, tale organo viene comunemente e meno precisamente chiamato seno o petto.
Filogenesi
La presenza della ghiandola mammaria secernente latte distingue la classe dei mammiferi. Fu ereditata dai cinodonti della fine del triassico. Nei mammiferi euplacentati, o euteri, queste ghiandole sono organizzate a formare le mammelle propriamente dette, mentre nei marsupiali la forma assume aspetti caratteristici per nutrire un piccolo con un grado di sviluppo ancora arretrato. Le mammelle sono un organo pari e simmetrico, da due come in genere nei primati, fino a 20. I monotremi non possiedono mammelle organizzate, ma il latte, proveniente da ghiandole tubolari, viene sorbito dai cuccioli nella zona cutanea sovrastante lo sbocco dei dotti galattiferi. L’assenza di labbra e vestibolo boccale non permetterebbe in ogni caso la suzione da un eventuale capezzolo. Nei marsupiali i capezzoli sono presenti all’interno del marsupio.
La mammella in diversi ordini
Nei teri le ghiandole mammarie sono tubulari-acinose e si differenziano lungo due direttrici, dette linee del latte, sul lato ventrale del feto in sviluppo. Tali linee procedono dalle ascelle all’inguine, ed in tutta la zona, di formazione di parenchima mammario, si potranno sviluppare, nell’individuo adulto le mammelle. La zona di localizzazione può essere tutta la linea, con elevato numero di mammelle come in molti insettivori (Soricomorpha), roditori, suiformi, carnivori. Possono altresì essere localizzate, inguinali in molti ungulati, ascellari nei chirotteri, pettorali nei sirenii, proboscidati e primati. Il numero e la posizione delle ghiandole mammarie, complesse o semplici varia quindi notevolmente nei diversi mammiferi. I capezzoli e ghiandole possono svilupparsi ovunque, per ogni singola specie, lungo le linee di latte e in generale la maggior parte dei mammiferi sviluppano le ghiandole mammarie a coppie lungo queste linee. Il numero di capezzoli varia da 2 nella maggior parte dei primati e nei proboscidati a 16 nei suiformi. L’Opossum della Virginia ne ha 13, uno dei pochi mammiferi con un numero dispari.
Anatomia comparata
Una forma particolare di mammella è quella che presenta una componente prevalente di tessuto adiposo rispetto alla controparte ghiandolare. Tale tipo di mammella si individua nei mammiferi acquatici quali i cetacei e i focidi. Anche l’uomo presenta una mammella di tal fatta: secondo studi evoluzionistici, pare che l’uomo rientri in questi casi differenziandosi, quindi, da altri primati. Oltre che per la mammella, anche l’assenza della pelliccia, viene considerato altro segno particolare di evoluzione nell’habitat acquatico. Secondo studi recenti fatti all’Università della Pennsylvania, la mammella maschile differisce da quella femminile anche in senso neurologico. Infatti, secondo questi studi, lo strofinio del capezzolo e della mammella femminili stimolerebbero il ragionamento e l’introspezione.
I seni costantemente sporgenti della donna, insolitamente grandi rispetto alle dimensioni del corpo, sono un unico sviluppo evolutivo il cui scopo non è ancora completamente noto, se non per l’aspetto relativo all’evoluzione in ambiente acquatico. Altri mammiferi tendono ad avere ghiandole mammarie meno cospicue che sporgono solo quando effettivamente è in è in atto il riempimento col latte.
Anatomia umana
La mammella umana è un organo pari (due) e simmetrico, posto nella regione anteriore del torace, ai lati della linea mediana, localizzate tra il terzo e il sesto spazio intercostale. L’organo è costituito in parte da tessuto cutaneo, in parte da strutture ghiandolari: nel complesso queste componenti costituiscono la ghiandola mammaria. Le mammelle sono strutture che, fino al periodo della pubertà, sono sviluppate allo stesso modo in entrambi i sessi. Nella pubertà lo sviluppo della mammella maschile si interrompe. La struttura femminile, invece, subisce un notevole sviluppo. La dimensione e la forma dell’organo femminile è molto variabile. Ciò è principalmente dovuto alla quantità di tessuto adiposo presente ed alla sua localizzazione.
Sinonimi
Con il termine “seno” ci si riferisce allo spazio compreso tra le mammelle. Nel linguaggio comune, questo termine viene spesso usato in riferimento all’organo stesso. Va però precisato che tale termine, in riferimento alla mammella femminile, risulta essere errato, poiché il termine indica una concavità (come si può intuire da espressioni come in seno a, oppure insenatura, le quali indicano entrambe qualcosa che sta dentro, all’interno); il lemma deriva infatti dal latino sinus, -us cioè sinuosità, in particolare la sinuosità concava formata dalle pieghe di una veste. Parimenti il termine “petto”, utilizzato come sinonimo di mammella nel linguaggio comune, indica il torace nel suo insieme.
La mammella femminile
La mammella femminile può essere idealmente suddivisa in quattro quadranti, costituiti da due linee perpendicolari che si intersecano presso il capezzolo.
Struttura
Più nel dettaglio, il tessuto mammellare è composto da:
una componente ghiandolare, (15-20 lobi), ognuno dei quali ha uno sbocco verso il capezzolo attraverso un dotto galattoforo;
una componente di tessuto adiposo, in cui sono concretamente inserite ed immerse le strutture ghiandolari;
una componente fibrosa di sostegno, che genera suddivisioni tra le diverse appendici ghiandolari.
Presso l’apice della mammella, si trova una sporgenza esterna di forma conica nota come capezzolo. Nella regione apicale, il capezzolo presenta strutture note come pori lattiferi, 15-20 forellini che costituiscono lo sbocco dei dotti galattofori. Esso è circondato dall’areola, una regione circolare pigmentata avente diametro medio che varia, a seconda della fisiologia del soggetto, dai 3 agli 8 cm. L’areola è costituita da piccole sporgenze, generate dalla presenza sottostante di ghiandole sebacee. Sia il capezzolo che l’areola sono dotati di fibre muscolari lisce che ne permettono la contrazione. La contrazione genera l’erezione del capezzolo ed il corrugamento dell’areola. Ciò permette, nel periodo dell’allattamento, un agevole deflusso del latte. Il latte è il nutrimento che, in seguito al parto, la madre fornisce al neonato. Il secreto della ghiandola mammaria è, inizialmente, una sostanza amarognola particolarmente ricca di proteine, detta colostro. Successivamente ha inizio la secrezione di latte vero e proprio.
I fasci fibrosi dell mammella si portano in profondità e dividono il parenchima ghiandolare in lobi e lobuli. Ogni lobulo comprende gli alveoli che fungono da unità secernenti. Gli alveoli sono rivestiti da epitelio semplice poggiante su una membrana basale in cui sono intercalati miociti che favoriscono la progressione del secreto attraverso dotti di calibro progressivamente crescente. Si comincia con i dotti alveolari per continuare in quelli lobulari ed arrivare ai dotti galattofori. Ogni lobulo ha il suo dotto galattoforo che sbocca lateralmente al capezzolo in un’ampolla che ha la capacità di accumulare il secreto prodotto. L’epitelio da cubico semplice dei dotti alveolari diventa pluristratificato non cheratinizzato nei dotti galattofori.
Vasi sanguigni e linfatici
La mammella dispone di una irrorazione superficiale data dall’arteria toracica laterale, ramo dell’ascellare e di una irrorazione interna data dall’arteria toracica interna, ramo della succlavia. Le vene mettono capo alla cefalica o alla giugulare esterna. I linfatici posteriori e laterali mettono capo ai linfonodi ascellari, quelli mediali drenano nei linfonodi parasternali.
Modificazioni fisiologiche della mammella
La mammella subisce notevoli modificazioni durante la gravidanza. Durante la prima metà della gravidanza la secrezione di Estrogeni e progestinici induce ipertrofia alveolare e sviluppo di tutti i componenti della mammella. L’areola, infatti, assume una colorazione più scura ed aumenta di diametro. Ciò è legato essenzialmente all’azione degli ormoni gonadotropi e, successivamente, dalla prolattina. La consistenza, poi, aumenta notevolmente in seguito al parto, dove l’ossitocina prodotta dall’ipotalamo induce la contrazione delle cellule mioepiteliali e quindi la secrezione di latte durante il periodo dell’allattamento.
Le mammelle divengono più turgide durante il periodo mestruale e, in maniera più o meno evidente, in seguito all’eccitazione femminile. L’invecchiamento porta invece ad un progressivo calo di volume della mammella con riduzione della ghiandola e aumento del tessuto adiposo.
La mammella maschile
L’organo maschile è decisamente meno sviluppato di quello femminile. Nel maschio la mammella è costituita da un piccolo rilievo, con una piccola areola ed un piccolo capezzolo (Silloide). La struttura ghiandolare sottostante, è composta da un numero ridotto di strutture alveolari prive di lume. Esistono dotti lattiferi, ma sono brevi e privi di vere e proprie ramificazioni. Durante l’adolescenza, in ogni caso, può esserci un aumento anche delle dimensioni della mammella maschile (ginecomastia puberale). Tale aumento, in realtà, è seguito solitamente da una regressione in un tempo breve (uno-due anni).
Anomalie e patologie della mammella
Tra le patologie che colpiscono la mammella figurano patologie genetiche e patologie legate allo sviluppo.
Tra le patologie genetiche figurano la politelia (la presenza di un soprannumero di capezzoli) o la polimastia (soprannumero di ghiandole mammarie).
Tra le patologie legate allo sviluppo, si può verificare nei maschi uno sviluppo volumetrico mono o bilaterale, detto ginecomastia. La mammella femminile, invece, nel corso dello sviluppo può andare incontro ad un numero maggiore di anomalie, tra cui:
il mancato sviluppo nel periodo della pubertà, solitamente legato a casi di agenesia delle ovaie o di deficienza ovarica;
l’ingrossamento prematuro dell’organo, spesso correlato ad una sindrome di pubertà precoce;
l’ipertrofia dell’organo (detta anche macromastia).
Possono anche verificarsi casi in cui una o entrambe le mammelle siano mancanti (amastia), sebbene anomalie di questo tipo siano spesso correlate a malformazioni sistemiche ben più gravi, generalmente incompatibili con la vita.
In ogni caso, le patologie vere e proprie sono legate a problemi nel delicato equilibrio degli ormoni provenienti essenzialmente da surrene e, soprattutto, ipofisi. Altri fattori determinanti lo sviluppo di patologie sono eventuali lesioni traumatiche a cui la mammella viene sottoposta o processi infiammatori cronici, che possono sfociare o complicare le forme tumorali (vedi mastopatia).
Una patologia infiammatoria dovuta a traumi o iatrogena è la malattia di Mondor.
Indizi e sintomi nella storia della patologia della mammella
Della patologia delle mammelle si parla nel più antico documento medico dell’umanità in nostro possesso, ossia il papiro egizio di Edwin Smith. In questo papiro a contenuto prevalentemente chirurgico, vi sono otto riferimenti alle malattie delle mammelle e, in particolare, nel caso 45 descrive per la prima volta nella storia della medicina un tumore della mammella. La presentazione dei casi presentava uno schema ben definito. Alcuni casi esposti nel papiro si riferiscono ad ascessi, traumi e ferite infette, probabilmente dovute piuttosto ad infezioni della parete toracica.
È documentata un’autopsia fatta negli anni sessanta su una mummia egiziana su cui è stata riscontrata la presenza di una formazione mammaria che potrebbe essere riconducibile ad un adenoma calcifico. Ippocrate scrive poco sui tumori. Fu il primo ad abbozzare una generica distinzione fra tumori duri e tumori molli, inoltre egli si rivelò scettico sul loro trattamento:” è meglio evitare ogni trattamento; poiché se trattato il paziente morirà presto, se lasciato solo può perdurare per un lungo tempo”
Riferendosi specificatamente al tumore alla mammella, Ippocrate descrive un emblematico caso clinico:”in una donna, ad Abdera, si produsse un carcinoma alla mammella; si presenta così: dal capezzolo scorreva un licore sanguinolento; una volta cessato lo scorrimento ella morì”. A parte i sintomi generali di una malattia avanzata, i dati clinici di rilievo del tumore sono la consistenza dura, l’assenza di fenomeni infiammatori e, nel caso della donna di Abdera, la secrezione ematica.
M.Porcio Catone nel De re rustica parla del cancro distinguendone tre varietà: il cancro nero, quello bianco detto anche purulento e quello fistoloso. Una distinzione che non facilita molto la diagnosi, almeno quella di una possibile malignità. Per tutte le forme di cancro, soprattutto nella mammella, Catone consiglia applicazioni esterne di cavolo rappresenta, a suo dire, una vera panacea.
A livello diagnostico il significato del termine cancro fu coniato da Galeno di Pergamo asserendo che “essi provengono dalla bile nera, ma da una specie di bile nera che non bolle: se questo umore presenta un eccesso di acidità, si formano dei carcinomi ulcerati: per questa ragione sono di colorito più nero che i prodotti flogistici, e non sono caldi: su questi tumori le vene sono ancora piene e più tese che sui tumori infiammatori: questi vasi non sono già più rossi, come nell’infiammazione, ma il loro colore corrisponde a quello dell’umore donde i carcinomi hanno origine. Per la densità di questo umore, il cancro è incurabile, perocché esso umore non può essere né deviato né tolto via, non cede ai purganti generali, si ride dei medicamenti più o meno dolci che si possono applicare, mentre sotto l’influenza dei rimedi più attivi subisce a volte delle esacerbazioni”.
Secondo Ambroise Parè: “Tra le specie di cancri ve ne sono due principali, ossia uno non ulcerato, volgarmente chiamato apostematoso e quasi da tutti gli antichi cancro occulto o larvato, l’altro ulcerato e manifesto. Infine vi sono dei cancri che hanno sede nelle parti interne, come intestini, mesentere, matrice, retto ed altre parti interiori. Le femmine ne sono affette più degli uomini. Ogni cancro è quasi incurabile, o difficilissimo da guarirsi. Quando ha sede nella mammella, apporta spesso infiammazione sotto le ascelle o tumefazione delle ghiandole di questa regione.”
Egli fu il primo ad aver riconosciuto la relazione tra il tumore primitivo e la sua diffusione ai linfonodi. Una più accurata distinzione fra tumori benigni e tumori maligni della mammella si deve a Marco Aurelio Severino che nella sua opera descrive il primo adenoma che chiama Glandula. Ritiene, inoltre, che l’asportazione dei tumori benigni può prevenire una loro possibile trasformazione maligna.
Dopo una prima fase antica della medicina, quasi interamente ipotetica dal punto di vista patogenetico, subentra una fase di transizione, rinascimentale, in cui i metodi di osservazione sono ancora embrionali, ma in cui si sviluppano modificazioni essenziali per la conoscenza pratica delle malattie e sulla loro interpretazione teorica. Anche la diagnosi fa piccoli, ma costanti progressi. Giovanni Battista Morgagni descrive alcuni tumori benigni della mammella che manifestano dolori e sintomi congestizi nel periodo mestruale e un tumore comprendente un piccolo pezzo di osso.
Il seno ferito
Il seno come strumento di seduzione, di nutrimento e quanto altro è stato, da sempre però, anche il mezzo attraverso il quale si irradiava il male incurabile del cancro nel corpo delle donne. Nel momento in cui una donna veniva invasa dal cancro, o comunque conseguenza ad una qualsiasi causa esterna o interna, essa comincia a favorire il male per via dell’afflizione psicologica che ne segue. A partire dal XVII sec. la correlazione fra cancro e melanconia è ampiamente acquisita e vengono avanzate alcune ipotesi per dare una spiegazione all’azione del temperamento melanconico sullo sviluppo del cancro.
Il cancro al seno è sempre esistito, seppure non si conoscesse prima. Erodoto, infatti, narra che la regina Atossa, figlia di Ciro e moglie del re persiano Dario”ebbe al seno un tumore che si aprì e si estese a poco a poco.” Lo storico racconta che il medico greco Democede riuscì a guarirla e a tornare a Pitia. Nel passato in caso di malattia alla mammella, le incertezze della diagnosi, trattamenti medici lunghi e complicati e talora interventi chirurgici atroci in assenza di anestesia, rappresentano per la donna una dramma di considerevole portata. Pazienti famose come Paolina Bonaparte e Anna d’Austria, hanno vissuto l’esperienza di una malattia al seno con una complessa problematica psicologica. Ippocrate narra della prima paziente malata di cancro nella sua opera Epidemia e descrive:” in una donna, ad Abdera, si produsse un carcinoma alla mammella; si presentava così: dal capezzolo scorreva un icore sanguinolento; una volta cessato lo scorrimento, ella morì.”
Nella letteratura medica, numerosi casi individuali vengono segnalati nelle varie pubblicazioni scientifiche, ben identificabili sia per la citazione del nome delle pazienti che per le caratteristiche del fisico e del temperamento. Per mali di questo tipo si ricorreva molto spesso a mastectomie. Nella seconda epistola di Paolo Apostolo a Timoteo egli descrive un intervento di questo genere. Una raffigurazione di R. de Hooghe ritrae di un intervento di mastectomia effettuato nella camera da letto della paziente, in presenza del marito e delle due serve; la donna è seduta e il medico effettua l’operazione mentre il suo assistente sostiene il braccio della paziente. Un farmacista, che doveva essere presente agli atti chirurgici, scrive a tavolino alcune ricette mentre un farmacista tiene in mano un bicchiere con qualche tonico o droga soporifera.
Il caso clinico di malattia alla mammella che ebbe più ripercussioni nelle cronache mondane di tutti i tempi fu, tuttavia, quello che, nella primavera del 1664, ebbe come protagonista Anna d’Austria, madre del Re Sole, Luigi XIV. Riconosciuta affetta da un tumore ulcerato alla mammella, la regina viveva in inizialmente curata con impiastri di cicuta, polvere di pietra grigia e polvere di scamonea. L’anno seguente il suo stato peggiora: la regina soffre di una erisipela ai due seni, che si complica in cancrena. Bisogna somministrare narcotici e incidere a più riprese, con il rasoio, i tessuti necrotizzati. Cinque mesi più tardi la regina è in agonia. L’odore delle sue piaghe è tale che è necessario tenerle dei sacchetti di odori vicino al naso per darle sollievo. La morte sopravviene a distanza di venti mesi dalla diagnosi. La storia è emblematica per almeno due motivi: la partecipazione ma anche l’allarmismo collettivo che si determina nel caso dei personaggi molto conosciuti e il problema etico della giustificazione di prolungare comunque la vita anche in casi estremi. Curiosamente Anna d’Austria era stata anche colei che aveva lanciato a Corte la moda dei seni “abbondanti e ben visibili” per cui la triste storia sulla fine della regina venne interpretata come una sorta di condanna divina.
Il caso di Fanny Burney
La migliore descrizione di come l’esperienza dell’intervento chirurgico venga vissuto da parte della donna non può che venire da parte della paziente stessa. Fanny Burney, una romanziera inglese, autrice di Evelina, viene sottoposta a mastectomia nel 1818 dal famoso chirurgo Dominique Jean Larrey. L’intervento avviene a casa della paziente, senza anestesia e con vicissitudini di vario genere. La Burney ne parla con spirito garbato alcuni mesi dopo in una lettera alla sorella, descrivendo con profonda introspezione gli aspetti psicologici relativi alla comunicazione dalla diagnosi, all’ansia per la mutilazione, all’attesa prima dell’intervento, alla speranza di una più favorevole, al difficile periodo post-operatorio.
La triste storia di Allie Noble
La storia di Allie Noble, descritta da John Brown e ambientata nel 1830, narra della sua forte personalità. James Noble portò la moglie Allie a consulto da Syme perché affetta da un tumore alla mammella duro come una pietra. Questi decise a favore dell’intervento che sarebbe avvenuto in un’aula pullulante di studenti di medicina. Allie, si narra, fece molta impressione su di loro con il potere della sua presenza. Ella salì sul tavolo e si sedette da sé su di esso. Si sistemò, diede un rapido sguardo a James, chiuse gli occhi e si mise nelle mani del medico. L’intervento procedette molto lentamente a causa dell’inesistenza di mezzi anestetici, quali ad esempio, il cloroformio. Il chirurgo fece il suo lavoro. Il pallore tradiva il suo dolore, ma la donna era quieta e silenziosa. Quando tutto finì, la donna, rivestitasi, scese con grazia e dignità dal tavolo operatorio. Si rivolse al chirurgo e agli assistenti e con una riverenza, a voce bassa, ma chiara, si scusò di essere stata malata. Dopo quattro giorni si sviluppò una grave infezione della ferita e Allie morì.
Chirurgia plastica del seno
La chirurgia plastica è in grado di rimodellare il seno, a scopo di miglioramento estetico oppure per riparare i danni indotti da interventi quali l’asportazione di un tumore. Di frequente, vengono utilizzate protesi in silicone o altro.
Tali protesi però presentano aspetti controversi, in parte discussi ed esaminati nelle relative voci.