« Per capire cosa è il Parkour si deve pensare alla differenza che c’è tra quello che è utile e quello che non è utile in eventuali situazioni di emergenza. Solo allora potrai capire ciò che è Parkour e ciò che non lo è »
(David Belle)
Il parkour, abbreviato in PK, è una disciplina metropolitana nata in Francia agli inizi degli anni ‘80. Consiste nel superare qualsiasi genere di ostacolo, all’interno di un percorso, adattando il proprio corpo all’ambiente circostante. L’art du déplacement (arte dello spostamento) e le parcours (il percorso) furono i primi termini utilizzati per descrivere questa forma di allenamento. Il termine parkour (IPA: /paʁ.’kuʁ/) fu definito da David Belle e dal suo amico Hubert Koundé nel 1998. Deriva da parcours du combattant (percorso del combattente), ovvero il percorso di guerra utilizzato nell’addestramento militare proposto da Georges Hébert. Rispetto alla parola parcours, Koundé sostituì la “c” con la “k” per suggerire aggressività, ed eliminò la “s” muta perché contrastava con l’idea di efficienza del parkour. Un terzo termine, coniato da Sébastien Foucan, fu Free running, il quale viene però distinto dai due precedenti in quanto rappresenta una forma di movimento, che nasce sulla base del Parkour, che ricerca la spettacolarità e l’originalità dei movimenti a scapito dell’efficenza. I praticanti di Parkour sono chiamati “Traceurs” o “Traceuses” al femminile.
Storia
« Provare ad indicare con esattezza la nascita del parkour non è un compito facile. […] Questa cosa nebulosa e indefinibile che pratichiamo tende a sfuggire ad ogni tipo di classificazione. »
(Dan Edwards, The Birth of (a) Movement)
Il parkour trae ispirazione dal metodo naturale di Georges Hébert. Hebert era un militare francese della fine ‘800 che ha formalizzato un metodo di allenamento per l’addestramento delle truppe. La sua idea era che il miglior modo per allenare un uomo è farlo esercitare nei movimenti naturali che lui sa fare in situazioni che la natura gli presenta e gli richiede. Il motto dell’Hebertismo è “Essere forti per essere utili”. David Belle, figlio di un pompiere addestrato proprio con il metodo di Hebert, fin da piccolo fa i suoi primi esperimenti con percorsi e tracciati. Da adulto intraprende una carriera militare che lo porta a vincere numerosi trofei nei “parcours du combattent” e ad essere considerato un vero genio del movimento. David diventa poi pompiere, ma è costretto ad abbandonare il mestiere per via di un infortunio al polso. Ancora innamorato del movimento, Belle trasforma quello che era un gioco da bambini in una vera filosofia e fonda il Parkour, che risulterà più funzionale degli stessi addestramenti militari che aveva fatto in precedenza. David non è solo nel suo intento, e viene affiancato da varie personalità tra cui la “crew” degli Yamakasi fondatori dell’Art du deplacement e Sebastien Foucan, ambasciatore del FreeRunning. Il parkour inizialmente si diffonderà come passaparola, ma quando i media cominceranno ad interessarsi ad una disciplina dai risultati così sorprendenti, il Parkour si vedrà dedicati numerosi documentari. Da diversi anni il principale mezzo di diffusione del Parkour è stato internet, grazie agli spettacolari video presenti in rete, che affascinano i novizi. Questi video però, soprattutto negli ultimi anni, sono stati fuorvianti riguardo al significato di parkour, poiché contenevano spezzoni di allenamento e movimenti superflui che si scontravano con l’idea di percorso continuo teorizzata da David Belle in base alla filosofia di Georges Hébert. Oggi il parkour subisce una svolta commerciale, e le sue tecniche si intravedono in numerosi film, spot, e video musicali. Lo stesso David Belle è stato consacrato come attore nel film Banlieue 13 prodotto da Luc Besson.
Il 17 gennaio 2007 alle 11:09, con un articolo presentato sul blog ufficiale del parkour, Jean-François Belle a nome del fondatore e detentore del marchio “Parkour” David Belle, fa chiarezza sulla legittimità dell’utilizzo del marchio Parkour e sulle responsabilità e diritti del Team Francese e gruppi affiliati.
Il Parkour in Italia
Il parkour arriva in Italia attorno al 2005 e si sviluppa anche grazie al web. Siti minori di rilevanza locale fondati dai praticanti iniziano a creare i primi incontri tra traceurs.
Il parkour non è soltanto sport, è anche applicazione al sociale. I valori del parkour sono importanti per insegnare ai giovani il rispetto per se stessi e la conoscenza dei propri limiti per poter affrontare i piccoli grandi ostacoli che la vita pone davanti al cammino proprio di ogni essere umano.
In seguito sono nate molte associazioni nazionali, da quelle più attente allo sviluppo sano del parkour ad altre mirate semplicemente al cavalcare una moda.
Tra le altre città importanti nello sviluppo del parkour in Italia: Firenze, Milano, Torino, Vicenza, Prato, Bolzano, Rovigo, Ferrara, Bologna, Roma, Napoli, Caserta, Trani.
Molte sono le collaborazioni che le principali associazioni italiane ed estere stringono con altre realtà, solitamente il parkour è utilizzato, anche sull’onda della moda, per mostrare un modo reale, alternativo e intelligente di sfruttare con rispetto gli spazi periferici, abbattere le barriere architettoniche (con FIABA, il Fondo Italiano impegnato nell’Abbattimento delle Barriere Architettoniche) ed in genere far sviluppare, soprattutto nei giovani e giovanissimi, un sano rispetto per l’ambiente ed una critica ricerca su se stessi.
La Provincia di Roma nel dicembre 2007 ha riconosciuto il parkour come importante vettore di comunicazione per trasmettere ai giovani l’importanza di affrontare ogni problema nel rispetto di se stessi e dell’ambiente circostante. Nel 2009 il parkour era presente al 21° Festival del Fitness di Roma.
Scopo
Lo scopo del parkour, quindi, è spostarsi nel modo più efficiente possibile. Per efficiente si intende: semplice e veloce. Per distinguere cosa è parkour da cosa non lo è basta pensare ad una situazione di fuga: tutto quello che può tornare utile per fuggire è parkour.
Filosofia d’allenamento
Il Parkour, abbracciando come ideologia il Metodo Naturale di Hebert, prevede un allenamento lento, progressivo e graduale per migliorare tutte le caratteristiche atletiche dell’individuo. Molti novizi cercano di accelerare i tempi (uso di attrezzatura, materassi, palestra, ricerca disperata di istruttori) e di imparare più rapidamente possibile, ma questo è parzialmente contrario all’ideologia di base del Parkour, infatti l’ambiente (naturale o urbano) che ci circonda è in grado di insegnare tutto quello di cui si ha bisogno per muoversi in esso e per rispettare il proprio corpo. Il Traceur virtuoso persegue un “ascolto” dei segnali del proprio corpo finalizzato ad un suo miglioramento lento ma molto più efficace. Il raggiungimento di questa coscienza di sé, del saper interpretare le proprie “sensazioni” e dei propri limiti richiede tempo, visto che si basa sull’esperienza diretta. Il formarsi di questo bagaglio di conoscenza richiede di vivere in prima persona numerose e diverse esperienze, spesso spiacevoli se affrontate con frustrazione (insicurezza, paura, senso di incapacità, lentezza nel progresso). L’allenamento si divide in due fasi: il potenziamento fisico e la pratica sui percorsi (o tracciati). La prima non è strettamente connessa al parkour, e può far uso di qualsiasi movimento che aiuti a migliorare il controllo del corpo e aumentare i propri parametri di forza, velocità, equilibrio ecc. La seconda invece prevede la scelta di un punto di partenza e uno di arrivo, e l’analisi critica di tutti gli ostacoli tra i due. Il traceur esperto è in grado di trovare le combinazioni giuste di tecniche e movimenti per percorrere il tracciato nel modo più fluido possibile. Molti traceur hanno dei tracciati prediletti che continuano a perfezionare negli anni.
Il parkour oltre ad una “disciplina” è uno stile di vita, come un modo di pensare; infatti dopo l’inizio della pratica di questo sport, si inizia a analizzare tutto in un altro modo. Qualsiasi appiglio o ostacolo viene osservato come un punto di appoggio da superare in maniera fluida ed efficiente. Questo insegna nella vita di tutti i giorni a non arrendersi mai davanti ad un problema ma al contrario sfruttarlo per proseguire in modo ancora migliore la marcia verso il proprio obiettivo finale.
Parkour e Spettacolo
Nel mondo molti brand si sono voluti associare a questa disciplina tanto alternativa e capace di attrarre l’attenzione dei giovani, Il cinema e la pubblicità ormai traggono molte ispirazioni dal parkour ed anche in Italia questo nuovo filone si sta formando, molte marche si sono già avvicinate a questa giovane e caratteristica disciplina. Così oltre al formarsi un movimento libero ed autonomo di ragazzi che si allenano al solo scopo di migliorare se stessi si vede fiorire molte realtà, inesperte e superficiali, di manager, gruppi, associazioni e società votate al commercio che con poca e nulla esperienza di parkour si gettano nel mercato cercando e sperando nella fortuna che questa disciplina ha ricevuto all’estero.
Solitamente questi goffi tentativi italiani falliscono miseramente, le cause sono, oltre all’inesperienza nel parkour degli atleti presi in prestito da discipline “parallele” come la ginnastica artistica, le arti marziali, la break dance, anche da ricercarsi nel maldestro tentativo di presentare ai giovani una disciplina profonda ed impegnativa in modo troppo superficiale ed arrangiato, con il risultato finale di creare più danni che benefici al parkour, al brand ed ai partecipanti, siano essi atleti o persone del pubblico.
Videogiochi incentrati sulle abilità del parkour
Prince of persia (2003)
Marc Eckō’s Getting Up: Contents Under Pressure (2006)
Free Running (videogioco) (2007)
Assassin’s Creed (2007)
S4 League (2008)
Tomb Raider: Underworld (2008)
Mirror’s Edge (2008)
InFamous (2009)
Prototype (videogioco) (2009)
Wet (videogioco) (2009)
Assassin’s Creed 2 (2009)
Assassin’s Creed: Brotherhood (2010)
Jak and Dexter (2001).