
Con abito del medico della peste ci si riferisce all’abbigliamento utilizzato un tempo dai medici per proteggersi dalle epidemie. L’abito era costituito da una sorta di tonaca nera lunga fino alle caviglie, un paio di guanti, un paio di scarpe, una canna, un cappello a tesa larga ed una maschera a forma di becco, dentro la quale erano contenute sostanze balsamiche.
Storia
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L’uso di rudimentali maschere protettive è attestato a partire dal XIV secolo, quando i medici, durante le epidemie, iniziarono a indossare particolari maschere a forma di becco, tenute ferme alla nuca da due lacci. L’idea di un indumento completo fu proposta nel 1619 da Charles de Lorme, medico di Luigi XIII, prendendo come spunto le armature dei soldati.[2] Oltre alla maschera a forma di becco, già esistente, Lorme ideò una veste in tela cerata lungo fino ai piedi, comprensiva di guanti, scarpe e cappello.
La maschera era una sorta di respiratore: aveva due aperture per gli occhi, coperte da lenti di vetro, due buchi per il naso e un grande becco ricurvo, all’interno del quale erano contenute diverse sostanze profumate (fiori secchi, lavanda, timo, mirra, ambra, foglie di menta, canfora, chiodi di garofano e spugne imbevute di aceto).
Lo scopo della maschera era di tener lontani i cattivi odori, all’epoca ritenuti causa scatenante delle epidemie. Benché fosse totalmente inutile, i medici erano convinti che le sostanze aromatiche contenute nel becco li avrebbero preservati dai contagi.[4] Come accessorio, inoltre, esisteva una speciale canna, che i medici utilizzavano per esaminare i pazienti senza toccarli, per tenere lontane le persone e per togliere i vestiti agli appestati.
Una poesia del XVII secolo descrive l’abito del medico della peste:
(IT)
« Come si vede nell’immagine,
a Roma i medici appaiono
quando sono chiamati dai loro pazienti
nei luoghi colpiti dalla peste.
I loro cappelli e mantelli, di foggia nuova,
sono in tela cerata nera.
Le loro maschere hanno lenti di vetro
i becchi contengono antidoti.
L’aria malsana non può far loro alcun male,
né li mette in allarme.
La canna in mano mostra, ovunque vadano,
la nobiltà del loro mestiere. »
Secondo il Trattato della Peste del medico ginevrino Jean-Jacques Manget, del 1721, l’abito venne indossato dai medici di Nimega durante la peste del 1636-1637. Inoltre, venne indossato durante le epidemie del 1630-1631 a Venezia e durante la peste del 1656, che uccise 145.000 persone a Roma e 300.000 a Napoli. La popolazione, tuttavia, non amava tale abbigliamento, accostandolo all’idea della morte. L’uso dell’abito del medico della peste cadde in disuso nel corso del XVIII secolo.
Folklore
L’abito è tradizionalmente associato al personaggio della commedia dell’arte noto come medico della peste e all’omonima maschera carnevalesca veneziana.